La sentenza 22 novembre 2011 del Tribunale di Prato affronta varie questioni di tipo sistematico in ordine all’art. 148 del c.c.
Tale articolo precede una ipotesi speciale di procedimento sommario di tipo monitorio applicabile nei confronti del coniuge obbligato al mantenimento dei figli, consentendo così la rapida formazione di un titolo esecutivo. Pur richiamando tale articolo elementi classici dei procedimenti sommari di tipo cautelari, come ad esempio la possibilità di opposizione nel termine di venti giorni del decreto notificato, presenta elementi di specialità in quanto il decreto emesso ai sensi dell’art. 148 c.c. è titolo esecutivo, e non provvisoriamente esecutivo così come nell’ipotesi generale dell’art. 642 c.p.c. nonché la necessità di sentire l’inadempiente , con la possibilità di assumere sommarie informazioni.
Anche la Corte Costituzionale si è pronunciata in merito alla natura dell’art. 148 c.c. con sentenza n. 246/2002 ha precisato “L’art. 148 del codice civile è una norma composita, la quale contiene disposizioni di natura sostanziale e al tempo stesso di carattere processuale, tutte finalizzate all’attuazione dei principi enunciati dall’art. 30 della Costituzione”. La norma è così utilizzata sia come mero strumento per la distrazione dei redditi, mediante il trasferimento coatto del credito attuato con l’ordine al terzo di versare quanto dovuto direttamente all’altro coniuge, sia per ottenere la condanna del coniuge inadempiente al pagamento delle somme necessarie al mantenimento della prole.
Nella sentenza in commento la parte resistente ha sollevato l’eccezione della impossibilità di emanare un nuovo provvedimento atteso che un precedente giudizio incardinato nelle forme dell’art. 148 c.c. era stato già deciso con un verbale di conciliazione. Invero l’art. 148 u.c., c.c. prevede che “Le parti ed il terzo debitore possono sempre chiedere, con le forme del processo ordinario, la modifica e la revoca del provvedimento”. Da qui che emesso un primo decreto questo non può essere modificato con un provvedimento dello stesso tipo ma solo con un autonomo processi di cognizione. Nel caso di specie il precedente giudizio si era concluso con un verbale di conciliazione, ovvero un accordo tra le parti che può essere modificato solo con la volontà delle parti “Il verbale di conciliazione giudiziale, per quanto redatto con l’intervento del giudice a definizione di una controversia pendente tra le parti, ha natura negoziale, in quanto la conciliazione è frutto dell’incontro della volontà delle parti, onde l’interpretazione del contenuto di detto verbale postula un’indagine sulla volontà delle parti e si risolve in un accertamento di fatto”: così (Cass. V sez., sentenza n. 14911 del 28 giugno 2007).
Pertanto non potrà essere richiesto un giudizio ex art. 148 c.c. che si applica solamente ai provvedimenti adottati dal giudice e non al verbale di conciliazione delle parti che ha concluso un eventuale richiesta ex art. 148 c.c., stante il carattere negoziale e non giurisdizionale di tale accordo.
(Altalex, 15 dicembre 2011. Nota di Mauro Lanzieri. Si ringrazia per la segnalazione Francesco Antonio Genovese)