La vicenda giudiziaria approdata in Cassazione prende il via da un procedimento di separazione dei coniugi, conclusosi con sentenza che disponeva l’affidamento condiviso dei figli minori collocandoli presso il padre, disciplinava i rapporti con la madre, i cui incontri con i figli venivano poi limitati con successivo decreto, assegnava al marito la casa coniugale mentre poneva a carico della moglie l’obbligo di versare un assegno per il mantenimento dei figli.
I giudici di 2° grado riformavano la impugnata sentenza disponendo l’affidamento dei figli minori in via esclusiva alla madre oltre a quanto già sopra precisato.
La decisione, confermata in Cassazione, relativa all’affidamento esclusivo viene motivata sulla scorta di elementi che, da un lato, si riconducono alla condotta ostruzionistica tenuta dal padre volta ad ostacolare gli incontri dei figli con la madre oltre a screditarne ingiustificatamente la figura, con conseguenze negative circa il giudizio relativo alle attitudini genitoriali, dall’altro, fanno riferimento al pregiudizio derivatone all’equilibrio psichico dei figli, che in effetti avevano adottato un atteggiamento negativo nei confronti della madre.
In particolare, i giudici di appello hanno tenuto conto anche di una relazione del servizio di psichiatria della Asl che ha riscontrato l’esistenza di una sindrome da alienazione parentale, elemento questo che, unitamente a quanto sopra evidenziato circa la condotta paterna, ha indotto i giudici di 2° grado a ritenere l’affidamento condiviso pregiudizievole per i figli.
Più esattamente si legge nella sentenza n. 5847 della Cassazione:
“…..La Corte di appello, utilizzando la predetta relazione della Asl che diagnosticava una sindrome da alienazione parentale dei figli ed evidenziava il danno irreparabile da essi subito per la privazione del rapporto con la madre, si è limitata a fare uso del potere attribuito al giudice dall’ art.155 sexies comma 1 c.c. di assumere mezzi di prova anche d’ufficio ai fini della decisione sul loro affidamento esclusivo alla madre. Essa inoltre ha fondato la decisione anche su altri elementi non specificatamente censurati del ricorrente concernenti il giudizio negativo circa le attitudini genitoriali del ( desunto anche dalla reiterata condotta ostruzionistica posta in essere al fine di ostacolare in ogni modo gli incontri dei figli con la madre) dandone conto in una motivazione priva di vizi logici e quindi incensurabile in questa sede”.
Ne è valso per il ricorrente addurre, tra gli altri , il motivo con il quale si deduce una violazione di legge per avere la Corte d’Appello assunto una decisione in materia di affidamento in pendenza del procedimento davanti al tribunale dei minori per la decadenza del padre dalla potestà ex art. 330 c.c, in quanto sul punto la Suprema Corte, rilevando l’infondatezza del motivo, ribadisce la piena autonomia delle competenze del tribunale per i minori in materia di provvedimenti relativi alla potestà genitoriale ( artt.330 c.c e 38 disp.att. c.c) e “del tribunale ordinario quale giudice della separazione competente sulle modalità di esercizio della potestà medesima (v. Cass. n. 6841/2011) anche quando l’affidamento dei figli sia richiesto in ragione dell’esistenza di un grave pregiudizio per i figli minori ( v. Cass. n. 20352/2011)”.
(Altalex, 18 marzo 2013. Nota di Carmela Crispoli. Sul tema, si segnala il volume “Processo di separazione e divorzio” a cura di G. De Marzo, Altalex Editore, 2012)