Con la sentenza del 2 gennaio 2014 la Corte di Cassazione ha per oggetto rilevanti questioni attinenti alla responsabilità per i danni cagionati da insidia o trabocchetto, affrontando da un lato l’annosa problematica dei rapporti tra l’art. 2051 e l’art. 2043 c.c., oggetto di un vivace dibattito giurisprudenziale che ha visto contrapporsi opposti indirizzi interpretativi, e dall’altro il problema della delimitazione del concetto di prevedibilità del pericolo, la cui indeterminatezza ha dato adito ad interpretazioni contrastanti.
Per quanto attiene al rapporto tra le due tipologie di responsabilità, la Suprema Corte giunge a confermare la propria posizione interpretativa affermando l’intrinseca diversità dell’azione di responsabilità da cosa in custodia, ex art. 2051 c.c., da quella fondata sul principio generale del neminem ledere ex art. 2043 c.c., rilevando che sul piano probatorio l’applicabilità di una o dell’altra norma richiede accertamenti diversi:
-nel caso di danno cagionato da cosa in custodia, sarà irrilevante un’indagine sul comportamento del custode, trattandosi di una responsabilità prevista dalla legge per il fatto stesso della custodia, il cui fondamento è costituito dal rischio gravante sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendono dal caso fortuito, con un evidente vantaggio processuale per il danneggiato, dato dall’inversione dell’onere della prova: il danneggiante sarà tenuto a provare il fortuito per esonerarsi dalla responsabilità;
-nel caso di responsabilità ex art. 2043 c.c., sarà necessario un accertamento sul comportamento omissivo – commissivo del responsabile, con l’attribuzione dell’onere della prova a carico del danneggiato, il quale dovrà attivarsi per dimostrare e provare sia l’esistenza del dolo o della colpa a carico del danneggiante, sia il nesso causale con il danno.
La diversità delle due tipologie di responsabilità consente pertanto di negare la proponibilità in appello della medesima domanda fondata su una differente tipologia di responsabilità, ammettendo una deroga solo nel caso in cui l’attore, abbia sin dall’atto introduttivo del giudizio di primo grado, enunciato le proprie richieste seppure implicitamente in modo idoneo a comprendervi le due fattispecie di responsabilità.
Per quanto attiene al concetto di prevedibilità del danno, che assume un ruolo fondamentale in merito alla tematica del danno da cosiddetto trabocchetto, la Suprema Corte ribadisce, conformemente ad altre pronunce di legittimità, che il comportamento del danneggiato è in grado di interrompere il nesso eziologico esistente tra la causa del danno e il danno stesso.
Invero la graduazione della prevedibilità del danno consente di differenziare l’onere di attenzione del danneggiato, il cui comportamento colposo è in grado di atteggiarsi, a seconda dei suddetti parametri, quale concorso causale colposo o quale colpa esclusiva, giungendo ad escludere la responsabilità del custode.
La Suprema Corte rilevava che l’evidente dissesto della strada sulla quale transitava il pedone richiedeva in capo quest’ultimo un onere massimo di attenzione e di prudenza, dato dall’alta prevedibilità del pericolo stesso, che consentiva di ascrivere al danneggiato l’esclusiva responsabilità della caduta.
Per approfondimenti:
- Danni da insidie stradali. Analisi e casistica, di Raffaele Plenteda, Altalex Editore, 2011;
- Rivista Danno e Responsabilità. Problemi di responsabilità civile e assicurazioni, Direzione scientifica di Carbone Vincenzo, Franzoni Massimo, Monateri Pier Giuseppe, Pardolesi Roberto, Ponzanelli Giulio, Ipsoa, Periodicità Mensile.
(Altalex, 6 marzo 2014. Nota di Elisa Ghizzi)