Cassazione civile , sez. I, sentenza 19.09.2014 n° 19790 (Giuseppina Vassallo)
La vicenda giudiziaria su cui si è pronunciata la Cassazione, con la sentenza 19 settembre 2014, n. 19790 era cominciata quasi venti anni prima.
Dalla relazione di un uomo molto ricco con la sua segretaria e direttrice del personale domestico presso la sua villa, nasce una figlia mai riconosciuta. Nel 1953 l’uomo muore e poco dopo viene a mancare anche il suo unico erede, tanto che nelle disposizioni testamentarie tutti i beni vengono lasciati alla New York University e al British Institute.
La figlia inizia allora l’iter processuale per far dichiarare il legame di paternità naturale e poter partecipare alla successione del padre biologico. Dopo qualche anno, anche la donna però muore ed il giudizio viene proseguito dalla figlia.
L’erede dell’attrice ripropone integralmente le domande avanzate, compreso l’esame del DNA del presunto padre naturale (nonno) e della di lei madre, previa riesumazione delle salme.
La nuova parte attrice chiede inoltre la nomina di un curatore speciale secondo la previsione generale di cui all’art. 78 c.p.c. che in mancanza di eredi del presunto padre naturale, lo rappresenti in giudizio.
Infatti, l’art. 276 del codice civile I comma, prevede che l’azione per far dichiarare giudizialmente la paternità o maternità può essere proposta nei confronti del presunto genitore naturale, o in mancanza dei suoi eredi.
In passato, la Cassazione aveva precisato che i soggetti necessari del giudizio sono solo gli eredi del presunto genitore e non gli eredi degli eredi, i quali, in quanto portatori di un interesse contrario all’accoglimento della domanda, hanno soltanto la facoltà di intervenire nel giudizio (Cass. Civ. sez. I, 3 aprile 2007, n. 8355 e Cass. Civ., sez I, 26 settembre 2011, n. 19603).
Sull’argomento era stata sollevata anche questione di costituzionalità della norma per violazione dell’art. 24 Cost., poiché in mancanza di eredi si sarebbe realizzato un sostanziale e definitivo impedimento all’esercizio del diritto di azione costituzionalmente garantito, quale il diritto attinente allo status e all’identità biologica che sono diritti fondamentali della persona.
Inoltre, la mancanza dell’espressa previsione di chiedere la nomina di un curatore speciale in caso di morte del genitore o dei suoi eredi, nei cui confronti coltivare l’azione, avrebbe determinato un’irragionevole disparità di trattamento rispetto a posizioni soggettive simili, come quella del legittimato attivo all’azione di disconoscimento della paternità, con conseguente violazione del principio di uguaglianza di cui all’art. 3 Cost.
La Corte Costituzionale aveva dichiarato inammissibile la questione, poiché, pur in presenza di esigenze di tutela dell’interesse del figlio all’accertamento della genitorialità, solo il legislatore avrebbe potuto scegliere di consentire la nomina di un curatore speciale nei cui confronti iniziare l’azione (Corte Cost., ordinanza 22 ottobre 2008).
La legge n. 219 del 2012 ha ovviato al problema, prevedendo espressamente che, in mancanza anche degli eredi, l’azione per far dichiarare la paternità naturale possa essere iniziata nei confronti di un curatore nominato dal giudice, innanzi al quale dovrà svolgersi il giudizio.
Nonostante l’intervento legislativo, sia il Tribunale che la Corte d’Appello avevano però ritenuto inammissibile la domanda dell’erede-nipote, proprio in ragione del fatto che l’art. 276 c.c. non prevedeva all’epoca la nomina del curatore speciale contro cui esperire l’azione.
In particolare, secondo i giudici di appello, la modifica dell’art. 276 cod. civ., per effetto della L. n. 219 del 2012, entrata in vigore il 1° gennaio 2013, non poteva applicarsi nella specie, perché la previsione innovativa della nomina del curatore speciale individuava una legittimazione sostanziale/processuale che doveva sussistere fin dalla proposizione della domanda. La norma doveva conseguentemente, ritenersi inapplicabile perché la nomina sarebbe dovuta avvenire prima di instaurare il giudizio.
La sentenza della Cassazione perviene, invece, ad una soluzione opposta. La norma è applicabile al processo in corso per due motivi.
Primo, perché la nomina del curatore era stata richiesta dal giudice istruttore del primo grado del giudizio instaurato dalla figlia del de cuius presunto padre naturale, aderendo all’orientamento dottrinale che ne riteneva già allora necessaria la partecipazione al giudizio. L’istanza era stata formulata nel primo momento utile anche se era stata respinta ed il reclamo avverso la reiezione ritenuto inammissibile dalla Corte d’Appello.
Secondo, perchè la legge n. 219 del 2012 contiene norme di applicazione diretta di carattere sostanziale e processuale. L’art. 104 del successivo decreto legislativo n. 154/2013 di attuazione della predetta legge, ha dettato le regole di diritto transitorio, e ha dichiarato immediatamente applicabili le nuove norme sostanziali salvo che i rapporti non siano stati definiti con sentenza passata in giudicato prima della data di entrata in vigore della l. n. 219 del 2012.
Infatti, dice la Cassazione, la volontà legislativa è quella di rimuovere gli ostacoli, i limiti e i divieti all’accertamento della filiazione, dando preminenza all’interesse del figlio verso la propria discendenza biologica, indipendentemente dalla natura del rapporto dal quale la filiazione è nata e dal tempo trascorso dalla nascita o dal concepimento.
Pertanto, la sentenza dichiara nullo il giudizio e rimette la causa al giudice di primo grado, perché provveda a disporre la nomina e la partecipazione al procedimento del curatore speciale ex art. 276 cod. civ., fermo restando il diritto d’intervenire delle parti convenute costituite.
La Corte esprime infine il seguente principio di diritto al quale il giudice di primo grado dovrà attenersi:
L’art. 276 cod. civ. così come modificato dalla l. n. 219 del 2012 è applicabile ai giudizi pendenti alla data del 1° gennaio 2013. La mancata nomina del curatore speciale, così come richiesta dalla norma attualmente vigente, determina la necessità della rimessione della causa al giudice di primo grado.