L’interessante sentenza dell’11 febbraio 2016 del Tribunale di Milano che si segnala riguarda il danno che viene riconosciuto agli aventi causa a seguito del decesso di una signora; fra questi – e qui sta l’interesse della sentenza – il giudice riconosce il pregiudizio per il mancato apporto in futuro dell’attività di casalinga della defunta.
È noto che non sempre, a fronte di un illecito, sia agevole indicare e ottenere il ristoro di tutti i pregiudizi che si ritengono prodotti da quell’illecito. È noto, ancora, che la giurisprudenza conosce una miriade di questioni che sono state e che vengono ancor oggi sottoposte alla sua attenzione proprio con riguardo alla tipologia dei danni risarcibili.
Una di queste questioni attiene, per l’appunto, il risarcimento del danno conseguente al mancato apporto per il futuro dell’attività di casalinga ossia alla circostanza che, in conseguenza dell’illecito, vi sia taluno che venga privato delle incombenze relative alla cura e alla pulizia della casa. Si tratta di capire se tale pregiudizio debba trovare riconoscimento per il diritto.
La disamina del vasto materiale giurisprudenziale e dottrinale evidenzia come l’attenzione sia stata posta su una serie di problematiche interessanti fra le quali si possono ricordare: i criteri di determinazione del reddito da porre a base del calcolo del danno conseguente alla perdita di soggetti percettori di reddito, i casi di reddito anomalo quale quello figurato e quello conseguente ed attività illecite (e con riguardo a quest’ultima categoria si è discusso, ad esempio, dell’attività della prostituta), il danno patrimoniale del pensionato e tra quelli che più ci interessano e si avvicinano al caso di cui ci stiamo occupando, il danno al minore e allo studente.
Sicuramente l’analisi della giurisprudenza dimostra come si tenda ormai ad ammettere il ristoro anche dei danni (patrimoniali) conseguenti alla lesione di soggetti non immediatamente percettori di reddito.
La casalinga è quel soggetto che svolge la propria attività nell’ambito della famiglia, occupandosi fra l’altro dello svolgimento di tutte le attività domestiche e quindi di cura e di pulizia della casa; si tratta normalmente di una donna, seppure ovviamente non sia da escludere anche il caso del “casalingo”.
Nessuno più, allo stato, dubita della natura lavorativa dell’attività svolta dalla casalinga a differenza del passato quando tale dubbio veniva da taluno sostenuto in base la circostanza che la sua attività non fosse produttiva di alcun reddito.
Oggi, quindi, con riguardo al pregiudizio per il mancato apporto per il futuro dell’attività di casalinga, come scrive il giudice nella sentenza “indubbiamente può riconoscersi [la risarcibilità di] tale pregiudizio”.
Certo è che, una volta ammessa la risarcibilità del danno patrimoniale conseguente alla lesione patita dalla casalinga, si pone un problema di individuazione del criterio utile al fine della sua liquidazione.
A tale riguardo, come riconosce anche la sentenza del tribunale di Milano in questione, si è individuato come parametro di riferimento il reddito percepito da una collaboratrice familiare; talvolta, peraltro, e correttamente, si sono operate opportune maggiorazioni, giustificate dalle mansioni quantitativamente e qualitativamente più ampie e complesse che normalmente vengono svolte dalla casalinga rispetto alla normale colf.
Nel caso di specie il giudice ha ritenuto equo liquidare a titolo di risarcimento la somma di euro 50.000 considerando, da un lato, che tale pregiudizio debba considerarsi limitato nel tempo, “stante il prevedibile raggiungimento di autonomia dei figli in corrispondenza della fine del periodo di studi”; dall’altro, evidenzia come tale voce di danno non debba confondersi e non debba quindi essere riconosciuto se “inteso a colmare il vuoto incolmabile lasciato da una madre e da una moglie” posto che tale pregiudizio è “già (…) valutato in sede di liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale”.
Si tratta di considerazioni condivisibili: ed invero, la quantificazione del danno va ovviamente rapportata a tutte le circostanze concrete fra le quali rientra sicuramente il lasso temporale in cui prevedibilmente i soggetti danneggiati avrebbero usufruito dell’attività lavorativa della defunta. Con riguardo, poi, al secondo profilo evidenziato dal giudice meneghino, è evidente che il pregiudizio riconosciuto e liquidato a titolo di danno alla casalinga sia quello di natura patrimoniale e attenga – per l’appunto, come già sopra evidenziato – la perdita di quella attività consistenti nelle incombenze di natura prettamente materiale alle quali deve essere riconosciuto un valore pecuniario. Altro è, invece, il pregiudizio non patrimoniale conseguente alla perdita della persona cara, indipendentemente dall’attività svolta dalla medesima.
Il caso deciso dal tribunale di Milano ha riguardato un’ipotesi di decesso; ovviamente, le considerazioni svolte valgono anche per i casi di invalidità permanente e temporanea.