Il giudice di seconde cure ricostruiva la dinamica di un sinistro stradale evidenziando che non appariva credibile che i fatti si fossero svolti secondo le circostanze rappresentate in giudizio dall’attore, e nonostante i conducenti avessero sottoscritto un verbale di constatazione amichevole dell’incidente (CID). Il Tribunale riforma, pertanto, la sentenza del Giudice di Pace. Adita la Cassazione, nell’Ordinanza del 15 giugno 2016, n. 12370, conferma l’orientamento di legittimità in materia di sinistri: l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, e via dicendo, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia contrassegnato da completezza, correttezza e coerenza negli aspetti logici e giuridici.
Nel dettaglio, la vicenda giudiziaria de qua origina innanzi al Giudice di pace che, ritenendo entrambi i conducenti colpevoli nella causazione del sinistro stradale, riconosceva a quello maggiormente danneggiato il diritto ad ottenere, dalla compagnia di controparte, un risarcimento, liquidandolo in € 6.500,00. Negli altri due gradi di giudizio la dinamica dell’incidente non convince, anche se i due conducenti avevano compilato e sottoscritto il modello di constatazione amichevole di incidente (cd. Cai – Cid). La statuizione in ordine al ristoro patrimoniale, di conseguenza, viene annullata e colui che era risultato vittorioso in primo grado, quindi, condannato alla restituzione del quantum ricevuto, oltre alla rifusione delle spese dei due gradi di merito.
La vicenda, approdata in Piazza Cavour, non trova esito differente. La VI Sezione civile, infatti, richiamando la propria uniforme giurisprudenza, puntualizza che, in tema di sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice di merito relativo alla ricostruzione della dinamica dell’incidente, all’accertamento della condotta dei conducenti dei veicoli, alla sussistenza o meno della colpa dei soggetti coinvolti e alla loro eventuale graduazione, al pari dell’accertamento dell’esistenza o dell’esclusione del rapporto di causalità tra le condotte dei singoli soggetti e l’evento dannoso, si concreta in un giudizio di mero fatto, che resta sottratto al sindacato di legittimità, qualora il ragionamento posto a base delle conclusioni sia caratterizzato da completezza, correttezza e coerenza dal punto di vista logico-giuridico (ex multis Corte di Cassazione, 30 giugno 2015, n. 13421).
In particolare, il giudice di seconde cure, ha ricostruito la dinamica dell’incidente, evidenziando che non appariva credibile che i fatti si fossero svolti secondo le modalità rappresentate dall’attore, nonostante i conducenti avessero sottoscritto un verbale di constatazione amichevole dell’incidente (CID). Il Tribunale, peraltro, evidenziava, la mancata verosimiglianza di un sinistro con danni alla vettura di significativa entità, senza che il conducente avesse riportato conseguenze, oltre alla mancata corrispondenza della data della ricevuta fiscale relativa alla chiamata del carro attrezzi rispetto a quella dell’incidente. Il c.t.u., peraltro, aveva acclarato l’impossibilità di accertare l’effettiva dinamica del sinistro. Il Tribunale concludeva, quindi, che ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo C.I.D. deve ritenersi preclusa dall’esistenza di un’accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto, come descritto nello stesso documento, e le conseguenze del sinistro nelle modalità accertate in giudizio.
La VI Sezione civile, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto alcune censure infondate, altre palesemente inammissibili, alla luce dei criteri enucleati alla richiamata Sentenza delle Sezioni Unite del 7 aprile 2014, trattandosi di presunta omessa considerazione di elementi che la pronuncia impugnata, invece, ha pienamente valutato. La stessa evidenzia, in sostanza, che le doglianze formulate si risolvono nel tentativo di sollecitare la Corte di legittimità ad un nuovo e non consentito esame del merito.