Cambio di rotta sul risarcimento del danno da microlesioni, vale a dire quelle che provocano un danno biologico fino a 9 punti di invalidità e che, negli incidenti stradali, si possono spesso ricondurre al “colpo di frusta”. A segnare la svolta è la Cassazione che, in un inciso della sentenza 18773 del 26 settembre 2016, supera l’orientamento per cui la prova del danno subito deve sempre essere affidata a una diagnosi strumentale
Applicazione dell’art. 32 co 3 quater della legge 27/12 ai giudizi anteriori alla pubblicazione della norma e precisazione circa i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico nella medicina legale.
La Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 18773/16 del 26/09/16 (sentenza-18773-anno-2016 qui scaricabile) si pronuncia sull’applicazione temporale dell’art. 32 co. 3 quater della legge 27/12 in relazione ai giudizi in corso fondati su di un fatto anteriore all’ingresso della norma e sul contenuto dell’accertamento necessario per ottenere il risarcimento del danno biologico di lieve entità.
Per comprendere appieno la vicenda è d’uopo richiamare il testo dell’art. 32 co 3 quater: “ Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del codice delle assicurazioni private, di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione”.
La ratio della novella si rinviene nella volontà del legislatore di diminuire i costi dei risarcimenti derivanti da truffe assicurative, ponendo un freno ai risarcimenti dei danni biologici di lieve entità (esemplare è il danno da colpo di frusta) allorché gli stessi non siano accertati radiograficamente, ma dedotti solo in base alla sintomatologia individuale della vittima.
Tuttavia, sin dalla sua origine, la norma ha creato un forte dibattito sulla sua operatività; sul significato da attribuire ai termini “visivamente o strumentalmente” e sulla loro applicazione pratica.
Proprio in tale contesto si inserisce la decisione assunta dalla Cassazione con la sentenza menzionata. Si tratta di una fattispecie in cui un soggetto, in seguito ad un sinistro, formulava due domande di risarcimento del danno: una per il danno all’autovettura e l’altra per ottenere il risarcimento dei danni biologici derivanti dalle lesioni personali subite.
Il Giudice di Pace, tuttavia, respingeva la seconda domanda perché la riteneva non provata. Domanda a cui fu riservata la stessa sorte dal giudice di secondo grado, seppur su di una motivazione diversa. Il Tribunale adito sosteneva che “stante l’applicabilità al giudizio de quo della norma dettata dall’art. 32, comma 3-quater, del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27 del 2012, le “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico riscontrate all’infortunata” non erano state dimostrate con le rigorose modalità prescritte ex lege” .Dinnanzi a tale vicenda la ricorrente promosse ricorso per Cassazione fondato su di una serie di motivi.
Il primo di questi denunciava la lesione di ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ., violazione degli artt. 2554, 2043, 2056, 2059, 1226 cod. civ., 185 cod. pen., 32 della legge n. 27 del 2012 (rectius: del d.l. n. 1 del 2012, convertito, con modificazione, dalla legge n. 27 del 2012) e art. 139 cod. ass.
Riemergeva la questione temporale circa la applicazione della legge 27, da intendere, per la ricorrente, inapplicabile ai fatti accaduti anteriormente alla sua data di pubblicazione. A ciò la parte aggiungeva la fondatezza della richiesta di risarcimento delle lesioni perché visivamente accertate e, infine, la richiesta di risarcimento del danno biologico, ma anche di quello morale. In merito al profilo intertemporale la Cassazione è netta nel aderire all’orientamento per cui la legge 27/12 è applicabile anche alla vicende giudiziarie anteriori alla data di pubblicazione della norma, purchè oggetto di un giudizio pendente. Per corroborare tale postulato la Corte richiama un precedente giurisprudenziale reputato dirimente. Il rinvio è alla decisione della Corte Costituzionale n. 235/14 in cui si precisa che “ la citata norma, avente ad oggetto le modalità di riscontro medico-legale delle lesioni di lieve entità a seguito di sinistro derivante dalla circolazione stradale, unitamente a quella del precedente comma 3-ter (modificativa del predetto art. 139 cod. ass.) concernente il danno biologico permanente (e il cui risarcimento non potrà aver luogo ove le lesioni di lieve entità “non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo”), “in quanto non attinenti alla consistenza del diritto, bensì solo al momento successivo del suo accertamento in concreto, si applicano … ai giudizi in corso (ancorché relativi a sinistri verificatisi in data anteriore alla loro entrata in vigore)“. Uniformandosi a tale assunto la Cassazione dimostra, inoltre, di interpretare queste norme (co. 3 ter e quater) come norme concernenti la esistenza e la quantificazione del danno che devono essere valutate dal giudice al momento della decisione sul punto.
Assurgono così a ruolo di mezzo di indagine del giudice, così da allinearsi a quell’orientamento giurisprudenziale teso ad accrescerne il sindacato al fine di evitare abusi delle parti.
Per la Cassazione, invece, risultano fondate le doglianze che impugnano la ratio decidendi della sentenza di appello laddove questa ha escluso che l’attrice abbia fornito la prova, ex art. 32 co 3 quater, delle lesioni lievi, poiché ritenute “non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico”. In merito a ciò la Suprema Corte precisa che le norme descritte “sono da leggere in correlazione alla necessità (da sempre viva in siffatto specifico ambito risarcitorio), predicata dagli artt. 138 e 139 cod. ass. (che, a tal riguardo, hanno recepito quanto già presente nel “diritto vivente”), che il danno biologico sia “suscettibile di accertamento medico-legale”, esplicando entrambe le norme (senza differenze sostanziali tra loro) i criteri scientifici di accertamento e valutazione del danno biologico tipici della medicina-legale (ossia il visivo-clinico-strumentale, non gerarchicamente ordinati tra loro, né unitariamente intesi, ma da utilizzarsi secondo le leges artis), siccome conducenti ad una “obiettività” dell’accertamento stesso, che riguardi sia le lesioni, che i relativi postumi (se esistenti)”.
In tal guisa la Corte aderisce ad una visione della norma elastica, non irrigidita da costrutti o da gerarchie, rispettosa delle leges artis. Così facendo opta per una soluzione idonea a coprire una serie infinite di ipotesi, di norma legate ad un difficile accertamento in quanto legate ad un’indagine sulla sintomatologia soggettiva della vittima.
Tale visione, per certi versi finitima alla soluzione adottata dalla giurisprudenza circa la interpretazione dell’art. 3 legge 189/12, appare perfettamente bilanciata in quanto recupera una sorta di controllo (mediante l’ossequio delle leges artis) sulle possibili modalità di accertamento medico indicate dall’art. 32 co 3 quater inerenti il danno biologico (oggi sia di tipo permanente che temporaneo).
Chiarito questo aspetto, la Corte sostiene che nel casus il giudice dell’appello ha commesso un errore in quanto non ha accolto la domanda attorea poiché reputata non fondata su di un accertamento clinico obiettivo e conforme alle norme di legge “nonostante che detto referto medico avesse diagnosticato contusioni alla spalla, al torace e alla regione cervicale guaribili in 7 giorni”, le quali lesioni, dunque, non potevano essere ritenute, di per sé, “affezioni asintomatiche di modesta intensità non suscettibili di apprezzamento obiettivo clinico” alla stregua dell’art. 32, coma 3-quater, del d.l. n. 1 del 2012”.
Con il secondo mezzo è denunciata, invece, la violazione degli artt. 2043, 2054, 2056, 1223 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. Civ.
Il ricorrente agiva per ottenere il risarcimento derivante dal danno per fermo tecnico del veicolo in seguito al sinistro. Circa tale censura la Corte precisa che “intende aderire intende aderire e dare continuità al più recente orientamento, in via di consolidamento, secondo cui il danno da “fermo tecnico” del veicolo incidentato non è risarcibile in via equitativa – cui è possibile ricorrere solo ove sia certa l’esistenza dell’an – ove la parte non abbia provato di aver sostenuto di oneri e spese per procurarsi un veicolo sostitutivo, né abbia fornito elementi (quali i costi assicurativi o la tassa di circolazione, sempre che la durata della riparazione non sia stata particolarmente breve, tale da rendere irrilevante l’entità di detti costi) idonei a determinare la misura del pregiudizio subito”.
A ben guardare la Cassazione ritiene che anche per tale voce di danno si debba allegare e dimostrare il danno subito secondo lo schema dell’art. 1223 c.c., rifuggendo da soluzioni automatiche.
Pertanto, respinge tale motivo di ricorso e, dato l’accoglimento del precedente rimanda al Tribunale per la definizione del danno biologico subito dalla vittima del sinistro.