La nuova fattispecie è stata introdotta con D. L.vo 1 marzo 2018 n. 21 che all’art. 1 attua il principio della riserva di codice in materia penale (giusta delega contenuta nella c.d. Riforma Orlando): “Nuove disposizioni che prevedono reati possono essere introdotte nell’ordinamento solo se modificano il codice penale ovvero sono inserite in leggi che disciplinano in modo organico la materia”.
L’art. 2 del citato decreto sotto il titolo “Modifiche in materia di tutela della persona” ha introdotto, tra gli altri, il reato di cui all’art. 570 bis, e il successivo art. 7 ha abrogato conseguentemente l’art. 12 sexies della L. 1 dicembre 1970 n. 898 in materia di divorzio e l’art. 3 della L. 8 febbraio 2006 n. 54 in materia di affido condiviso.
La nuova norma segue l’art. 570 c.p.,(“Violazione degli obblighi di assistenza familiare”), disposizione che ha conosciuto un travagliato percorso interpretativo in quanto fattispecie penale che più di ogni altra ha subito l’influenza dei continui mutamenti sociali della famiglia.
Non meno travagliato è stato il percorso interpretativo delle collegate ed ora abrogate disposizioni in tema di divorzio e di affido condiviso.
Gli approdi giurisprudenziali e dottrinali della previgente disciplina offrono spunti riflessivi per l’interpretazione della nuova norma.
E’ utile premettere che l’art. 570 c.p. prevede tre autonome figure di reato:
– il comma 1, che punisce con la reclusione fino ad un anno o la multa da € 103,00 a € 1.032,00 “chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, o alla qualità di coniuge”;
– il comma 2, che punisce con le medesime pene applicate congiuntamente chi:
1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge;
2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, che non sia legalmente separato per sua colpa.
Il nuovo art. 570 bis c.p. sancisce:
“Le pene previste dall’art. 570 si applicano al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli”.
Il rinvio quoad poenam all’art. 570 c.p. pone un primo problema: applicazione alternativa o congiunta di arresto e multa?
Le Sezioni Unite, con motivazione financo ridondante (S.S.U.U. n. 23866/2013), avevano risolto un analogo problema interpretativo con riguardo all’art. 12 sexies nel senso più favorevole, ritenendo il richiamo sanzionatorio riferito alle pene alternative.
Tale soluzione interpretativa sembra ben attagliarsi anche alla nuova fattispecie, che pare individuare un reato omissivo proprio integrato dalla violazione di uno specifico provvedimento del giudice. Diversamente l’art. 570 co. 2 n. 2 c.p. ha un ambito di applicazione ben più ampio, riguardando la violazione dell’obbligo di non far mancare al coniuge o ai figli i mezzi di sussistenza, ossia ciò che è indispensabile a farli vivere pur nell’accezione più ampia da ultimo recepita dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. pen. n. 13849/2018).
Pacifica poi la procedibilità d’ufficio della nuova fattispecie, questione già risolta dalla Corte Cost. n. 325/1995.
Problema più delicato è quello che investe l’omissione contributiva anche parziale dell’assegno dovuto a favore dei figli di genitori non coniugati.
Con riferimento all’art. 3 L. 54/2006, la Suprema Corte (Cass. pen. n. 2666/2017) aveva escluso l’applicabilità ai figli di genitori non coniugati della disposizione penale operando un’interpretazione in linea con il dato testuale, ma anche conforme al principio di stretta legalità nel senso della tassatività della fattispecie penale e divieto di analogia in malam partem.
Gli Ermellini avevano concluso osservando che l’adottata soluzione interpretativa, con riferimento ai figli di genitori non coniugati, “non lede la loro posizione per la cui tutela è possibile il ricorso a tutte le azioni civili, ferma restando, inoltre, l’applicabilità della fattispecie di cui all’art. 570 comma 2 n. 2” .
Di contrario avviso una recentissima pronuncia della stessa Sesta Sezione della Suprema Corte (Cass. pen. n. 14731/2018) che ha ritenuto di privilegiare un’interpretazione sistematica dell’art. 3 Lg. 54/2006 “alla luce del principio guida dell’uguaglianza di trattamento sancito dall’art. 3 Cost., e, specificamente, per i figli nati fuori dal matrimonio, dall’art. 30, terzo comma, Cost.”.
Soluzione quest’ultima che difficilmente pare conciliabile con il tenore letterale dell’art. 570 bis, che individua l’autore del reato nel “coniuge” .