La Corte di Cassazione – ordinanza 11 gennaio 2016, n. 225 – ha ribadito il principio secondo cui l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, anche se di fatto, comporta un taglio netto con la precedente convivenza matrimoniale, quanto al modello e tenore di vita e causa in maniera definitiva la non riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge.
La Corte ha inoltre posto l’accento sulla rilevanza dell’omissione di esibizione in giudizio dei documenti (fiscali e bancari) da parte del coniuge beneficiario dell’assegno divorzile.
Il caso
Il marito aveva presentato ricorso al Tribunale di Velletri per la modifica delle condizioni di divorzio sul presupposto delle mutate condizioni economiche dell’ex moglie, la quale da tre anni aveva una stabile relazione e aveva cominciato a percepire redditi seppur saltuariamente.
A fronte del rigetto della domanda, l’uomo proponeva reclamo alla Corte d’Appello di Roma la quale non ammetteva la prova testimoniale richiesta dal marito volta a dimostrare l’esistenza della stabile relazione della donna da almeno tre anni.
La Corte territoriale respingeva, infine, la richiesta di revisione dell’assegno, poiché l’attività di parrucchiera svolta in casa dalla moglie sarebbe stata solo occasionale, mentre i redditi del marito sarebbero rimasti identici.
La sentenza
La sentenza di Appello è stata censurata dalla Cassazione sotto un duplice aspetto.
In quanto alla questione probatoria, la Corte d’Appello ha errato nel non considerare le componenti patrimoniali di entrambi i coniugi, che potevano essere acquisite nella specie, attraverso il deposito degli estratti conto bancari. Solo l’uomo, infatti, aveva ottemperato all’onere di produrli in giudizio e secondo la Cassazione ciò produce “una dissimmetria informativa e una solo parziale discovery degli elementi di giudizio in possesso delle parti, rendendone oscura e non intellegibile una fetta di essi”.
In questo modo solo una parte ha avuto la possibilità di utilizzare i dati relativi ai risparmi e ai flussi di conto corrente.
Inoltre, il giudice d’appello non ha tratto le dovute conseguenze dalla mancata reciproca discovery delle risultanze bancarie.
La sentenza sottolinea che l’inosservanza dell’ordine di esibizione di documenti integra un comportamento dal quale il giudice può desumere argomenti di prova a norma dell’art. 116 c.p.c. comma 2. Pertanto, se entrambe le parti non ottemperano all’ordine di esibizione, tale comportamento può anche essere considerato neutro, ma se solo una parte ha correttamente adempiuto alla richiesta e l’altra no, il giudice deve dar conto nella motivazione, dell’avvenuta valutazione del contegno processuale negativo di controparte.
Infine, la Cassazione censura la mancata istruttoria volta ad accertare l’esistenza di una famiglia di fatto, nel frattempo costituita dall’ex moglie, la quale appare ammissibile e rilavante alla luce del principio posto dalla stessa Corte di Cassazione in materia di revoca dell’assegno divorzile (Cass. Civ. n. 6855/2015).
In base a tale principio, “l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, anche se di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivemmo matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicchè il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso”.