La terza sezione civile della Corte di cassazione interviene, con la sentenza in commento, a dipanare ogni dubbio in merito alla cedibilità del credito per risarcimento del danno non patrimoniale derivato da sinistro stradale affermando l’applicabilità della disciplina civilistica della cessione del credito ex art. 1260 e s. c.c.
A queste conclusioni gli ermellini pervengono attraverso un argomentale che, ripercorrendo le più significative pronunce in materia cedibilità del credito per il risarcimento del danno patrimoniale avente medesima fonte, affronta le eccezioni espresse a sostegno della tesi tendente a negare l’applicabilità di detta disciplina.
In primo luogo si ricorda che la cessione si perfeziona con l’accordo tra cedente e cessionario, mentre l’adesione del ceduto a seguito di notifica o accettazione, ha efficacia meramente ricognitiva del negozio di cessione in sé già perfetto ed è funzionale a parametrare la buona fede del ceduto in caso di pagamento effettuato a mani del cedente in periodo successivo alla cessione stessa.
Si ricorda, inoltre, che la cessione del credito ha ad oggetto il credito medesimo ed i suoi accessori, ossia privilegi, garanzie personali e reali, ma anche i poteri connessi al contenuto e all’esercizio del diritto, ossia la legittimazione attiva nei confronti del responsabile civile e della sua compagnia di assicurazione: tale legittimazione avrebbe fonte non già nell’art. 144 Cod. Ass. – evidentemente non applicabile – ma sarebbe corollario naturale del contratto di cessione ex art. 1374 c.c.
La cedibilità del credito in parola (risarcimento del danno patrimoniale) non trova limitazione:
- né nella natura “strettamente personale del credito” essendo il credito ceduto privo di tale natura, non sussistendo l’interesse del debitore a soddisfare pretese vantate da un soggetto diverso da quello inizialmente accettato come creditore (come avviene, ad esempio, nel caso di credito alimentare);
- né nel disposto dell’art. 1261 c.c. che non contempla questa ipotesi tra quelle in relazione a cui opera di divieto di cedibilità.
Tutto ciò premesso, la Corte ritiene che tali principi siano applicabili anche al credito per il risarcimento del danno non patrimoniale.
Il motivo è molto semplice: poiché tale diritto può circolare mortis causa (nel senso che è trasmissibile agli eredi dell’eventuale titolare defunto iure hereditatis) allo stesso modo deve poter circolare per effetto di atti inter vivos.
Viene precisato inoltre che, neanche in questo caso si tratterebbe di credito strettamente personale perché la natura del danno è cosa ben diversa dalla natura del diritto: se è vero, infatti, che l’interesse personale leso (salute) ha natura strettamente personale, lo stesso non può dirsi con riguardo al credito relativo alla lesione di detto bene, perché la transazione ( da intendersi quale negozio traslativo di cessione) sul risarcimento del danno subitodetermina la trasformazione del diritto personale alla integrità fisica in un diritto patrimoniale sulla somma.
Il che è come dire che la cedibilità del credito per risarcimento del danno patrimoniale alla salute si applica anche al danno non patrimoniale perché, a seguito della transazione sul risarcimento (ovvero l’individuazione della somma da corrispondere a titolo di ristoro) il danno non patrimoniale perde la sua connotazione originaria e si trasforma in danno patrimoniale.
Ne dovremmo ricavare che, dunque, il problema della cedibilità del credito per risarcimento del danno non patrimoniale non si pone, essendo le due specie di danno ridotte ad una sola, quella patrimoniale: il che riduce fortemente la portata innovativa della pronuncia.
Altra criticità che si può evidenziare è legata al fatto che -pare- mentre la valutazione della cedibilità del credito per risarcimento del danno non patrimoniale viene fatta ex post, (cioè a seguito degli effetti che la cessione ha prodotto sulla natura del credito) quella sulla cedibilità del credito per danno patrimoniale venga eseguita ex ante, con evidente effetto discriminatorio tra le due ipotesi.