Tra i poteri attribuiti ai Sindaci dall’art. 50 del T.u. degli enti locali (D.lgs. n. 267/2000) vi è quello di adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale.
Rientra in questa ipotesi l’ordinanza con la quale il Sindaco disponga il divieto di accesso di cani ad un parco cittadino, anche accompagnati dai rispettivi conducenti, essendo stata riscontrata “la presenza di numerosi escrementi canini in ambito urbano comunale”?
A questa domanda risponde il Tar della Toscana, Sez. I, con la sentenza 16 maggio 2017, n. 694.
Risulta essere eccessivamente limitativa della libertà di circolazione delle persone ed è comunque posta in violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità l’ordinanza sindacale che, a norma dell’articolo 50, co. 5 d.lgs. n. 267/2000, rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico senza la precisa indicazione del limite temporale di efficacia di tale divieto, atteso che la mera rilevazione di “escrementi canini in ambito urbano comunale” non possa costituire una adeguata istruttoria in ordine all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica.
La vicenda
La vicenda all’esame della Corte è di stretta attualità, dal momento che i cani in Italia sono quasi 7 milioni, in quanto concerne un caso in cui il Sindaco del Comune di Sestino, avvalendosi dei poteri di cui all’art. 50, d.lgs. n. 267/2000, con l’ordinanza n. 27 del 14 giugno 2011 disponeva il divieto di accesso di cani, anche accompagnati dai rispettivi conducenti, al parco pubblico Bracchi, essendo stata riscontrata “la presenza di numerosi escrementi canini in ambito urbano comunale”.
Successivamente, l’associazione “Lega per l’Abolizione della Caccia” impugnava tale atto dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale della Toscana chiedendone l’annullamento, previa sospensione, e deducendo:
- violazione dell’art. 50, co. 5, d.lgs. n. 267/2000 per carenza dei presupposti;
- violazione degli artt. 13 e 16 Cost. ed eccesso di potere per irragionevolezza;
- eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
La sentenza della Corte
Il T.A.R. Toscana, al fine di dirimere la controversia, ha ricordato che, a norma dell’articolo 50, co. 5 d.lgs. n. 267/2000 (Testo Unico delle Leggi sull’ordinamento degli Enti Locali), “… in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Le medesime ordinanze sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale, in relazione all’urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche…
Per giurisprudenza costante (tra le più recenti, T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 5 novembre 2015, n. 746; T.A.R. Campania, sez. III, 1 giugno 2015, n. 3011; T.A.R. Lombardia, sez. III, 15 dicembre 2014, n. 3039) – hanno osservato i Giudici amministrativi – la disposizione è pacificamente interpretata nel senso che l’esercizio da parte del sindaco di tale potere extra ordinem presuppone il requisito della necessità di un intervento immediato, al fine di rimuovere uno stato di grave pericolo per l’igiene e/o la salute pubblica e caratterizzato da una situazione eccezionale e/o imprevedibile da fronteggiare per mezzo di misure straordinarie di carattere provvisorio e, pertanto, non adeguatamente contrastabile tramite l’utilizzo degli ordinari mezzi di carattere definitivo previsti dall’ordinamento giuridico.
La Corte ha rilevato inoltre che, come affermato dal T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 13 febbraio 2015, n. 455, in quanto derogano al principio di tipicità dei provvedimenti amministrativi, le ordinanze contingibili e urgenti impongono la precisa indicazione del limite temporale di efficacia, in quanto solo in via temporanea può essere consentito l’uso di strumenti extra ordinem, che permettono la compressione di diritti ed interessi privati con mezzi diversi da quelli tipici indicati dalla legge.
Alla luce di quanto esposto, il Collegio ha evidenziato che, nel caso di specie, il provvedimento impugnato, oltre a non recare alcuna indicazione in ordine ai suoi limiti temporali di efficacia, non appare sorretto da una adeguata istruttoria in ordine all’esistenza effettiva di un’emergenza sanitaria o di igiene pubblica, tale evidentemente non potendo considerarsi la mera rilevazione di “escrementi canini in ambito urbano comunale”.
Conclusivamente, la Corte ha anche, per completezza d’argomentazione, rilevato che la Regione Toscana, con la legge n. 59/2009 ha disciplinato la “tutela degli animali” da affezione, stabilendo all’art. 19 che “ai cani accompagnati dal proprietario o da altro detentore è consentito l’accesso a tutte le aree pubbliche e di uso pubblico, compresi i giardini, i parchi e le spiagge; in tali luoghi è obbligatorio l’uso del guinzaglio e della museruola qualora previsto dalle norme statali”. Stabilendo al secondo comma che è vietato l’accesso ai cani solamente “in aree destinate e attrezzate per particolari scopi, come le aree gioco per bambini, qualora a tal fine sono chiaramente delimitate e segnalate con appositi cartelli di divieto”.
Ha di conseguenza accolto il ricorso e disposto l’annullamento dell’atto impugnato.
Orientamento giurisprudenziale
La pronuncia in commento si adagia nel solco tracciato in proposito da diverse pronunce dei T.A.R., diventato oggi l’orientamento dominante, quasi unanime.
Conformi alla pronuncia in commento: T.A.R. Lombardia Brescia, Sez. I, Sent. 26/04/2017, n. 557; T.A.R. Sardegna, 27 febbraio 2016 n, 128; T.A.R. Abruzzo, L’Aquila, 5 novembre 2015 n. 746; T.A.R. Campania, sez. III, 1 giugno 2015 n. 3011; T.A.R. Lombardia, sez. III, 15 dicembre 2014 n. 3039; T.A.R. Reggio Calabria, 28 maggio 2014, n. 225; T.A.R. Milano, 22 ottobre 2013 n. 2431; T.A.R. Potenza, 17 ottobre 2013, n. 611; T.A.R. Venezia, 12 aprile 2012, n. 502
Ad ulteriore dimostrazione, di tale unitarietà di vedute da parte dei Giudici amministrativi, il T.A.R. Lazio, Sezione 2 Bis, il giorno immediatamente successivo alla pronuncia in epigrafe, ha emesso la sentenza n. 5836, con la quale ha ribadito che l’ordinanza sindacale che rechi il divieto assoluto di introdurre cani, anche se custoditi, nelle aree destinate a verde pubblico appare essere posta in violazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità dell’azione amministrativa, atteso che lo scopo di mantenere il decoro e l’igiene pubblica, nonché la sicurezza dei cittadini, è già adeguatamente soddisfatto attraverso l’imposizione, di cui alla disciplina statale, agli accompagnatori o custodi di cani di rimuovere le eventuali deiezioni con appositi strumenti e di condurli al guinzaglio. Pertanto, l’Amministrazione Comunale deve adoperarsi – in luogo dell’indiscriminato divieto di accesso dei cani alle aree verdi pubbliche – al fine di rendere cogenti tali misure mediante una efficace azione di controllo e di repressione, in tal modo rendendo possibile il raggiungimento del pubblico interesse attraverso strumenti idonei e nel rispetto del principio di proporzionalità dei mezzi rispetto ai fini perseguiti.
Applicazione in sede civile
L’ormai dominante orientamento giurisprudenziale in ambito amministrativo ha iniziato a trovare applicazione anche nelle aule civili.
Di recente, infatti, il Giudice di Pace di Lodi (procedimento civile n. 1083 R.G.2016) ha ritenuto illegittima la sanzione ricevuto dalla Lav per «aver violato l’articolo 65 del Regolamento comunale di Polizia Urbana e aver introdotto un cane nel parco pubblico dei Giardini Barbarossa», ricordando che «la più recente giurisprudenza amministrativa si riporta a un indirizzo costante e consolidato il quale nega cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico ai provvedimenti che limitano la libertà di circolazione ai conduttori di cani», riconoscendo in sede civile ciò che oramai per la giurisprudenza amministrativa è un fatto consolidato: igiene, sanità e incolumità pubblica possono essere fatte rispettare mediante divieti e sanzioni dalla legislazione vigente, quali l’obbligo del guinzaglio e di raccolta delle deiezioni, senza ulteriore necessità di limitare a priori le libertà di movimento dei detentori degli animali d’affezione».