Si configura il delitto di atti persecutori anche quando le condotte reiterate di molestia o minaccia avvengano in un ristretto arco temporale, come quello di una sola giornata. E’ quanto emerge dalla sentenza della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 31 marzo 2017, n. 16205.
Il caso vedeva un uomo essere accusato di stalking nei confronti di una donna, per essersi appostato sotto l’abitazione di quest’ultima, avere scritto sulla sua vettura e sul suo portone di casa delle frasi a contenuto sessuale, il tutto nell’arco temporale di due mesi. Secondo i giudici di prime cure, dato il ristretto arco temporale nel quale erano stati commessi gli atti persecutori, non era possibile individuare con certezza lo stato di ansia, elemento essenziale per la sussistenza dello stalking.
Ricordano gli ermellini che, secondo consolidata giurisprudenza, ai fini della configurabilità del reato di atti persecutori, è sufficiente anche il realizzarsi di uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612-bis, ultimo comma, c.p., ovvero il perdurante e grave stato di ansia o di paura o il fondato timore per l’incolumità propria (Cass. pen., Sez. V, 24 settembre 2015, n. 43085).
Lo stalking è, altresì, configurabile quando le condotte persecutorie siano reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, come una sola giornata, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice (Cass. pen., Sez. V, 13 giugno 2016, n. 38306).
Nella fattispecie, addirittura, le condotte persecutorie si erano protratte per una ventina di giorni, causando nella vittima sia lo stato d’ansia che il mutamento delle proprie abitudini di vita.