In caso di mancato rispetto del termine concesso dal giudice ex art. 5, comma 2, ultimo periodo, D.Lgs. n. 28 del 2010 per il deposito della domanda di mediazione, va dichiarata la sua improcedibilità. L’implicita natura perentoria di tale termine si evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità di emettere sentenza di puro rito, così impedendo al giudizio di pervenire al suo esito fisiologico.
ORIENTAMENTI GIURISPRUDENZIALI:
Conformi | Trib. Firenze sentenza 9 giugno 2015 |
Difformi | Trib. Milano, 27 settembre 2016; Trib. Roma, sentenza 14 luglio 2016; Trib. Monza, 1 gennaio 2016 |
Il caso
La sentenza del Tribunale di Lecce, qui in commento, si pone all’attenzione degli studiosi del diritto per aver trattato e dato una soluzione alternativa alle prime pronunce occupatesi delle diverse questioni poste dalla normativa in materia di mediazione.
Questi i fatti di causa per come esposti nella decisione.
Nel corso di un giudizio d’opposizione a decreto ingiuntivo, con ordinanza del 19 maggio 2016, il Giudice istruttore disponeva procedersi a mediazione delegata nel termine di 15 gg., ai sensi dell’art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 28 del 2010 e successive modifiche.
Secondo la norma sopra citata, infatti, il giudice: “anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello. Il provvedimento di cui al periodo precedente è adottato prima dell’udienza di precisazione delle conclusioni ovvero, quando tale udienza non è prevista prima della discussione della causa. Il giudice fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6 e, quando la mediazione non è già stata avviata, assegna contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione”.
L’incombente predetto non sortiva tuttavia esito positivo (nel senso che la domanda di mediazione non era dalle parti proposta nel termine assegnato dal giudicante).
All’udienza tenutasi in data 11 ottobre 2016 parte opposta rilevava l’improcedibilità della domanda d’opposizione, attesa l’omessa attivazione del procedimento di mediazione.
La decisione del Tribunale
Con sentenza del 3 marzo 2017, il Tribunale di Lecce dichiarava l’improcedibilità dell’opposizione avverso il decreto ingiuntivo.
Questo l’iter e le motivazioni della decisione.
Nel pervenire alla decisione di cui sopra, discostandosi dai precedenti di merito, il Giudice estensore del provvedimento applica i principi elaborati nel tempo dalla giurisprudenza di legittimità e dalla dottrina che si è occupata della tematica.
In particolare, al fine di pervenire alla conclusione dell’improcedibilità della domanda per mancato esercizio della domanda di mediazione demandata, il giudicante richiama tre diverse argomentazioni:
a) il carattere perentorio del termine ex art. 5, comma 2, D. Lgs. n. 28/2010 che, secondo la giurisprudenza di legittimità, può desumersi, anche in via interpretativa, tutte le volte in cui, per lo scopo che persegue e la funzione che adempie, lo stesso deve essere rigorosamente osservato (Cass. n. 14624/2000; Cass. n. 4530/2004). A titolo di esempio, il termine per proporre opposizione a decreto ingiuntivo, seppur non dichiarato esplicitamente perentorio, ai sensi dell’art. 152 c.p.c, è ritenuto tale, sia per la natura implicitamente impugnatoria del procedimento d’opposizione, sottoposto a rigorosi termini processuali, sia perché la sua mancata osservanza comporta la definitività ed esecutorietà del decreto ex art. 647 c.p.c.
Ritiene, pertanto, che la natura implicitamente perentoria del termine predetto s’evince dalla stessa gravità della sanzione prevista, l’improcedibilità della domanda giudiziale, che comporta la necessità d’emettere sentenza di puro rito, così impedendo al processo di pervenire al suo naturale epilogo. Risulta, infatti, inverosimile che il legislatore abbia fissato un termine per l’attivazione del procedimento e previsto una tale conseguenza qualora avesse voluto soltanto ritenere il termine di natura meramente ordinatoria.
Anche qualora dovesse essere ritenuta ordinatoria la natura del predetto termine per l’avvio della mediazione, la mancata proposizione di tempestiva istanza di proroga comporta inevitabilmente, secondo la prevalente giurisprudenza, la decadenza dalla relativa facoltà processuale (Cass. n. 589/2015; Cass. n. 448/2013; Cass. n. 4877/2005).
b) non si può nemmeno applicare, in via analogica, il procedimento di sanatoria previsto dall’art. 5, comma 1 bis, D.L.gs. 28/2010, in caso di mancato esperimento della mediazione nelle materie in cui la stessa è demandata dal legislatore ante causam.
Secondo la predetta norma infatti: “[…] il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata, ma non si è conclusa, fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione […]”.
Invero, considerata la natura speciale della disciplina della mediazione “iussu iudicis” e l’espressa sanzione d’improcedibilità prevista in caso d’inottemperanza, non è ragionevole che sia consentito sanare la propria inerzia mediante la concessione di un apposito nuovo termine. Infatti, nella mediazione obbligatoria ante causam il relativo procedimento deve essere esperito prima del giudizio e quindi ad iniziativa delle parti. Ciò spiega perché, ove tale incombente non sia assolto, e la questione sia eccepita dalla parte interessata o rilevata d’ufficio, sia consentito sanare l’omissione mediante successivo esperimento della stessa. Si è infatti voluto, in coerenza con analoghe disposizioni processuali (si pensi al tentativo obbligatorio di conciliazione in materia di lavoro), evitare l’applicazione della grave sanzione dell’improcedibilità per omissione che poteva essere frutto di mancata conoscenza dell’obbligo normativo.
c) del tutto coerentemente, il legislatore ha previsto che il mancato esperimento della mediazione demandata dal giudice comporti immediatamente, e quindi senza possibilità di sanatoria, l’improcedibilità della domanda.
Pertanto, la mediazione tardivamente attivata rende improduttivo d’effetti il relativo incombente, provocando gli stessi effetti del mancato esperimento di esso; ne consegue quindi l’applicazione della sanzione dell’improcedibilità della domanda giudiziale.
La giurisprudenza contraria
In giurisprudenza si rinvengono anche pronunce di segno contrario, tutte incentrate sul carattere ordinatorio del termine demandato dal giudice per l’attivazione del procedimento di mediazione.
Secondo la decisione del Tribunale di Roma, 14 luglio 2016, n. 14185, la domanda di mediazione non è un atto del processo, con la conseguenza che predicare la perentorietà del termine di 15 giorni per la sua presentazione è fuori luogo. Un termine deve considerarsi perentorio solo se la legge fa derivare, dalla mancata tempestiva esecuzione dell’attività al termine stesso soggetta, conseguenze sanzionatorie a carico di chi non ha rispettato il termine.
Poiché il D.Lgs. 28/2010 non pone alcuna conseguenza qualora non siano rispettati i 15 gg. assegnati dal giudice, tale termine non può considerarsi perentorio e non si determina un’improcedibilità della domanda che, invece, va dichiarata solo quando il ritardo nel deposito determina l’impossibilità di espletare il tentativo. Cosa che non è avvenuta quando, come nel caso della sentenza predetta, la domanda è stata depositata il sedicesimo giorno, comunque in un tempo del tutto utile per consentire lo svolgimento della mediazione prima dell’udienza. Diverso il caso, invece, in cui il deposito avvenga a ridosso dell’udienza, dove manca del tutto il tempo materiale per l’organismo di convocare le parti e consentire che gli incontri si svolgano effettivamente.
Alla medesima soluzione perviene la decisione del Tribunale di Milano 27 settembre 2016.
Ad una soluzione intermedia giunge invece la decisione del Tribunale di Monza, in tabella, secondo la quale, il Giudice, nel caso in cui il procedimento non sia stato espletato, sospende la causa per tre mesi, assegnando contestualmente alle parti il termine di 15 gg. per la presentazione della domanda di mediazione. Si tratta di un termine ordinatorio, con la conseguenza che la parte a carico della quale è posto l’onere di instaurare il procedimento può ottenere dal giudice una proroga, sempreché depositi tempestivamente l’istanza prima della scadenza del termine stesso. In caso contrario, dal tardivo deposito dell’istanza di mediazione, consegue l’improcedibilità della domanda.
In conclusione, a parere della scrivente, seppur nelle varie interpretazioni ed applicazioni date dalla giurisprudenza, per ora di merito, alla disciplina in oggetto, la soluzione adottata dal Tribunale di Lecce risulta maggiormente in linea con l’intento del legislatore e con l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità concernente la natura e gli effetti dei termini assegnati dal giudice.