Tribunale Torino, sez. VII civile, decreto 08.10.2014 (Giuseppina Vassallo)
Il Tribunale ordinario di Torino, nell’ambito del procedimento di affidamento di figli nati fuori dal matrimonio, afferma che, anche in caso di cessazione della convivenza, le decisioni di maggiore importanza, come quella di trasferire altrove la residenza anagrafica dei minori, devono essere assunte di comune accordo tra i genitori.
Il caso: la coppia torinese convivente con due figli di 8 e 6 anni, si separa, e dopo due anni la donna decide di ricorrere al Tribunale ordinario per disciplinare le modalità di affidamento e di mantenimento dei minori, chiedendo l’autorizzazione a trasferire la propria residenza anagrafica e quella dei figli in Sardegna, suo luogo di origine. Dopo la separazione dal convivente, la stessa si era trovata in una situazione economica precaria perché aveva trovato solo lavori occasionali, mentre in Sardegna aveva avuto una seria offerta lavorativa. Inoltre la donna avrebbe convissuto con i suoi genitori che potevano occuparsi anche dei nipoti.
Il padre dei minori si opponeva fermamente allo spostamento dei figli in un’altra regione, rilevando che il trasferimento avrebbe causato un serio pregiudizio per i minori, che sarebbero stati sradicati dall’ambiente sociale e scolastico frequentato, e avrebbero avuto grandi difficoltà a mantenere un adeguato rapporto con il padre a causa della lontananza e della difficoltà di raggiungere l’isola.
Inoltre, in Sardegna ci sarebbero stati solo gli anziani genitori della ex compagna ad aiutarla con i figli, mentre a Torino c’erano i nonni paterni e la sorella della ricorrente, madre di due bambini di età vicina a quella dei loro figli, frequentati abitualmente.
Il provvedimento. La domanda della ricorrente è stata rigettata. Secondo il Tribunale di Torino, in linea con una recentissima sentenza della Cassazione (sentenza 18 settembre 2014 n. 19694), sia la normativa interna che quella sovranazionale ritengono prevalente l’interesse del figlio, specie se minore, su ogni altro interesse giuridicamente rilevante che possa eventualmente porsi in contrasto.
La legge 219/2012 ed il successivo D.lgs 154/2013, recependo i principi già sanciti dall’art. 3 della Convenzione di New York 1989 sui diritti del fanciullo, dall’art. 24 comma II e 52 del Trattato di Nizza e dall’ art. 8 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, ha espressamente inserito tra le scelte da effettuare di comune accordo tra i genitori, quella della residenza abituale dei minori. L’art. 316 c.c., che detta il contenuto della responsabilità genitoriale, lo prevede espressamente al primo comma. Anche in caso di separazione, l’art. 337 ter c.c. dispone che la responsabilità genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggiore interesse per i figli, relative all’istruzione, all’educazione, alla salute e alla scelta della residenza abituale del minore sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la responsabilità genitoriale separatamente. Qualora il genitore non si attenga alle condizioni dettate, il giudice valuterà detto comportamento anche al fine della modifica delle modalità di affidamento.
La disposizione è intimamente connessa con il diritto riconosciuto al figlio alla bigenitorialità, ossia al mantenimento, dove possibile, di un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori, che porta ad individuare come prevalente la soluzione dell’affidamento condiviso.
Proprio la condivisione dell’affido e quindi dell’esercizio congiunto della responsabilità genitoriale, comporta che la scelta della residenza abituale, essendo una delle questioni di maggiore importanza per la vita del minore, anche in caso di disgregazione del nucleo familiare, debba essere assunta “di comune accordo” da padre e madre.
Anche in caso di affidamento ad un solo genitore, secondo il nuovo art. 337 quater comma III c.c., le decisioni di maggiore interesse sono prese di comune accordo, ad eccezione del caso in cui non sia disposto, in casi eccezionali, l’affidamento monogenitoriale con concentrazione delle competenze genitoriali in capo ad un solo genitore, il cd. affido esclusivo rafforzato (Trib. Milano, sez. IX civ., ordinanza 20 marzo 2014).
In definitiva, anche se la scelta della residenza da parte del genitore collocatario rientra nell’esercizio di un diritto di libertà garantito dall’art. 16 della Costituzione, se l’altro genitore oppone ragioni direttamente collegate all’interesse dei figli, come nel caso di un evidente ostacolo alla frequentazione con il padre, sarà il giudice a valutare se il trasferimento di residenza sia in contrasto con l’interesse degli stessi a conservare con lui un rapporto significativo e continuativo.
Si tratta di trovare un bilanciamento tra il diritto di un genitore di spostare la propria residenza insieme ai figli, con il diritto del minore, di pari rango costituzionale, ad una sana crescita e ad uno sviluppo armonico della personalità, nonché a mantenere, anche in caso di disgregazione della famiglia, equilibrati ed adeguati contatti e rapporti con entrambi i genitori Nel bilanciamento, il diritto del genitore può essere “sacrificato” in nome del superiore interesse dei figli minori.