Cassazione penale, SS.UU., sentenza 21/07/2016 n° 31668
Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione all’udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice di pace che l’eventuale assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela. Lo hanno stabilito le Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione con la sentenza del 21 luglio 2016, n. 31668.
La questione rimessa alle Sezioni Unite era “Se nel procedimento davanti al giudice di pace, instaurato a seguito di citazione disposta dal pubblico ministero, configura remissione tacita di querela la mancata comparizione del querelante, previamente ed espressamente avvisato che l’eventuale sua assenza sarebbe stata interpretata come volontà di non insistere nell’istanza di punizione”.
Il nostro ordinamento non specifica gli atti o i comportamenti dai quali ricavare una volontà di remissione tacita della querela, posto che l’art. 152, comma 2, terzo periodo, c.p., attribuisce valore di remissione al compimento da parte del querelante di fatti incompatibili con la volontà di persistere nella querela, a differenza di quanto contemplato all’interno dell’art. 340 c.p.p. che, con riferimento ai casi di remissione espressa distingue il caso di dichiarazione ricevuta dall’autorità giudiziaria procedente da quello di dichiarazione ricevuta da un ufficiale di polizia giudiziaria e contempla sia una forma di remissione processuale che una forma di remissione extraprocessuale.
La remissione processuale è solo quella ricevuta dall’autorità giudiziaria procedente a seguito di una esternazione di una formale dichiarazione da parte del querelante che interviene nel processo, direttamente o a mezzo di procuratore speciale; le manifestazioni formali di una volontà di rimettere la querela possono pervenire nelle forme più varie all’autorità giudiziaria procedente che, al di fuori dei casi di remissione formalmente processuale, potrà valutare se la condotta o l’atto ricollegabile al querelante possa valere come remissione extraprocessuale espressa o tacita.
Nella fattispecie, la condotta costituita dal non essere il querelante comparso in udienza a seguito dell’avvertimento che ciò sarebbe stato considerato volontà implicita di rimessione della querela, può ben essere inquadrata, secondo i giudici, nel concetto di fatto di natura extraprocessuale incompatibile con la volontà di persistere nella querela, a norma dell’art. 152, comma 2, terzo periodo, c.p.
Gli ermellini specificano, inoltre, come in considerazione della previsione di un inderogabile dovere del giudice di pace di favorire la conciliazione tra le parti nei casi di reati perseguibili a querela, ben può essere riconosciuta al giudice stesso la scelta delle modalità più opportune per perseguire tale obiettivo, se del caso rendendo avvertite le parti della valutazione che potrebbe essere attribuita a una loro condotta passiva: volontà tacita del querelante di rimessione e mancanza di volontà di ricusa del querelato.