I genitori sono liberati dalla responsabilità per il danno causato dal figlio minore convivente solo se dimostrano di aver impartito al figlio un’educazione sufficiente e adeguata per una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini e alla sua personalità. Anche se l’obbligo di vigilare può essere attenuato nel caso di minore di sedici anni, non viene meno l’obbligo educativo e l’osservanza di tale obbligo deve essere provata ai fini della prova liberatoria della responsabilità ex art. 2048 c.c.
Il caso. Una ragazza sedicenne attraversa di corsa sulle strisce pedonali nonostante il semaforo rosso e viene investita da una moto causando danni anche al motociclista e al veicolo. Nel giudizio innanzi al Tribunale di Roma, il conducente e il proprietario della moto avanzano richiesta di risarcimento dei danni nei confronti della minore, dei genitori esercenti la potestà sulla stessa, e in proprio ex art. 2048 c.c.
Secondo quest’ultima disposizione il padre e la madre sono responsabili del danno causato dal fatto illecito del figlio minore e sono liberati dalla responsabilità solo se provano di non aver potuto impedire il fatto.
Il Tribunale, dalla ricostruzione dei fatti, ricava che la colpa del sinistro è ascrivibile in via esclusiva al pedone e condanna la ragazza, in solido con i genitori ritenuti responsabili ex art. 2048 c.c. a risarcire i danni.
In appello, la decisione è ribaltata. La Corte rileva che nonostante la moto procedesse con luce semaforica verde, doveva essere valutato anche il comportamento del conducente ai fini di un eventuale concorso di colpa. Dagli accertamenti compiuti dalla Polizia municipale emergevano alcune significative circostanze: la posizione del veicolo, la distanza dal corpo della ragazza, la violenta reazione del mezzo finito, dopo una rotazione di 180 gradi, al di sopra dello spartitraffico rialzato a 18 metri di distanza dall’attraversamento pedonale. Da tali circostanze si poteva desumere che la velocità del motoveicolo non era adeguata alle condizioni della strada, in pieno centro, in una zona di attraversamento pedonale, soprattutto in una giornata piovosa. Di conseguenza veniva dichiarata la responsabilità concorrente del conducente della moto.
Anche con riguardo alla responsabilità dei genitori, già condannati in primo grado, la Corte d’Appello aveva ritenuto errate le conclusioni del Tribunale. In considerazione dell’età della minore (di anni 16) si poteva attribuire alla ragazza una certa “consapevolezza” che le consentiva di circolare da sola, e la violazione della norma che vieta l’attraversamento col rosso non si poteva considerare indice di pericolosità e inadeguatezza derivanti da mancanze educative da parte dei genitori. Infatti, il comportamento della ragazza poteva essere stato determinato da fattori occasionali come la pioggia o il ritardo a scuola o altro.
La Cassazione. La sentenza della Cassazione n. 3964 del 19 febbraio 2014, affronta i diversi capi d’impugnazione. Quanto al concorso di responsabilità tra motociclista e pedone nell’aver causato l’incidente, conferma la decisione di appello. Il fatto che un pedone attraversi improvvisamente la strada non esclude la responsabilità dell’automobilista, se la condotta anomala del pedone sia ragionevolmente prevedibile (Cass. Civ.12 gennaio 2011, n. 524).
La prevedibilità deve essere valutata in riferimento alla situazione di tempo e di luogo: nel caso concreto, la strada in pieno centro (Piazza del Popolo), in una zona di attraversamento pedonale e la giornata piovosa dovevano comportare una cautela maggiore per il motociclista.
Quanto all’accertamento della responsabilità dei genitori ex art. 2048 c.c. la sentenza della Corte d’Appello non è esente da censure.
La Cassazione cita alcuni precedenti giurisprudenziali secondo cui la responsabilità dei genitori per i fatti illeciti commessi dal minore con loro convivente, prevista dall’art. 2048 c.c., è connessa ai doveri inderogabili richiamati dall’art. 147 c.c.
Tali doveri impongono una costante opera educativa, finalizzata a correggere comportamenti non corretti. Di conseguenza per sottrarsi a tale responsabilità, essi devono pertanto dimostrare di aver impartito al figlio un’educazione sufficiente per una corretta vita di relazione in rapporto al suo ambiente, alle sue abitudini e alla sua personalità.
In pratica, anche se per l’età del minore e per le esperienze fatte si può astrattamente attenuare l’obbligo di vigilanza, non viene mai meno l’obbligo educativo (Cass. Civ. 22 aprile 2009, n. 9556).
Secondo la Corte è necessaria questa presa di posizione poiché oggi è sempre più anticipato il momento in cui i minori si allontanano dalla sorveglianza diretta dei genitori, quindi a maggior ragione è fondamentale l’insegnamento della correttezza nella vita di relazione. Anche nel caso in cui il minore guidi un motorino, l’aver preso il patentino non esonera i genitori dall’istruire il figlio sui pericoli che derivano dalla circolazione stradale e all’osservanza delle regole della strada.
Si torna dunque dal giudice di primo grado, davanti al quale i genitori dovranno fornire la prova di aver dato alla figlia un’educazione adeguata, non essendo sufficiente un certificato d’iscrizione alla scuola che li esonera dal dovere di vigilanza.
Si tratta per molti di una probatio diabolica poiché non sarà facile fornire la prova del tipo di educazione in positivo. In negativo la buona educazione può essere desunta dal non aver compiuto atti illeciti, quindi se un figlio causa danni vorrebbe dire che non è stato bene educato?
Il rischio è l’attribuzione di un tipo di responsabilità “oggettiva” non per fatto proprio (colpa in vigilando o in educando) ma per fatto altrui.
Per approfondimenti:
- La filiazione dopo la riforma. Aggiornato al D.Lgs. n. 154/2013, di Giuseppina Vassallo, Altalex Editore, 2014;
- La Prova e il Quantum nel risarcimento del danno, a cura di Cendon Paolo, Utet Giuridica, 2013.
(Altalex, 21 marzo 2014. Nota di Giuseppina Vassallo)