La sentenza n. 21736/2013 della Cassazione (sez. II civile) prende in esame il caso di una coppia ligure che si separa consensualmente ma nel verbale di omologa non vengono trasfusi gli accordi relativi alla divisione dei beni comuni. La coppia redige una scrittura privata con la quale si stabilisce l’obbligo del marito di trasferire determinati beni mobili e immobili in favore della moglie e dei figli. A seguito dell’inadempimento del marito, i beneficiari agiscono per l’esecuzione in forma specifica degli obblighi assunti.
Il marito, evidentemente pentito della concessione, si difende disconoscendo la sua sottoscrizione sul documento, le date e parte del contenuto chiedendo la declaratoria di falsità della convenzione. Il Tribunale di Genova rigetta la domanda di querela di falso e ordina il trasferimento dei diritti reali di cui alla convenzione sottoscritta. Anche la Corte territoriale conferma la sentenza di primo grado con argomentazioni ritenute logiche e congrue dalla Cassazione. La scrittura privata, menzionata negli accordi di separazione omologati, sarebbe stato frutto della comune volontà delle parti. Non fondata, inoltre, sarebbe stata l’eccezione di carenza di forma, in quanto il trasferimento non avrebbe avuto come causa la donazione.
Nella sentenza di appello si legge, infatti, che l’intento delle parti contraenti era il conseguimento di un risultato “solutorio” in relazione agli obblighi di mantenimento gravanti sul genitore nei confronti dei figli, incompatibile con il prospettato animus donandi.
In Cassazione, il marito lamentava l’errore di aver individuato un nesso “teleologico” tra il verbale di omologa e la scrittura redatta al di fuori del giudizio di separazione, errando sull’individuazione della comune volontà delle parti nell’interpretazione del contratto ai sensi dell’art. 1362 c.c.
Sulla natura dei negozi posti in essere dalle parti nell’ambito della separazione o del divorzio per la sistemazione dei loro rapporti personali e patrimoniali, la giurisprudenza di legittimità si è espressa in favore della tesi che nega la natura di atti di liberalità a questi trasferimenti.
La teoria prevalente ritiene assimilabile l’accordo di trasferimento ad un negozio con causa atipica, caratterizzato dallo scopo e dalla funzione di soddisfare gli interessi dei coniugi volti a definire i rapporti personali e patrimoniali della famiglia per il periodo successivo alla separazione e al divorzio (vedi Cass. Civ. n. 4306/1997 e Cass. Civ. 11342/2004).
Soggetti alla stessa disciplina dei trasferimenti tra coniugi, ci sono gli atti che hanno quali destinatari degli effetti i figli. In relazione alla finalità di adempiere gli obblighi di assistenza e di mantenimento di cui all’articolo 148 c.c. è possibile trasferire beni immobili anche senza corrispettivo (Cass. Civ. 2 marzo 2005, n. 11458). Questo per quanto attiene agli accordi omologati.
Per quanto riguarda invece gli accordi così detti “a latere” della separazione e del divorzio, lo ribadisce la sentenza in esame, si tratta di compiere un’indagine ermeneutica, nel quadro dei principi di cui agli artt. 1362 c.c., e segg., al fine di stabilire se a quella convenzione possa essere riconosciuta autonoma validità ed efficacia.
La giurisprudenza, in definitiva, distingue a seconda che la scrittura privata sia stata redatta antecedentemente o contestualmente all’accordo omologato oppure successivamente.
Nel primo caso, le convenzioni sono ritenute valide purché non interferiscano con quanto stabilito nell’accordo omologato, o siano più vantaggiose rispetto a quanto stabilito in sede di omologa. Gli accordi a latere possono legittimamente integrare o specificare ma non mutare sostanzialmente il quadro degli accordi (Cass. Civ. n. 9174/2008 e Cass. Civ. n. 2997/2009).
In tal senso queste convenzioni sono ritenute “contratti atipici” con propri presupposti e finalità, purché perseguano interessi meritevoli di tutela. Ugualmente la convenzione successiva all’omologazione, trovando fondamento nell’art. 1322 c.c., che deve essere ritenuta valida ed efficace “in quanto meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
Secondo la Cassazione, nel caso di specie, i giudici di merito hanno correttamente considerato il trasferimento, a titolo gratuito, del patrimonio in favore dei figli, in quanto volto a garantire, nel comune intento delle parti, l’interesse preordinato al conseguimento di un risultato solutorio degli obblighi di mantenimento gravanti sui genitori.
La sentenza ripropone l’orientamento secondo cui l’obbligazione di mantenimento nei confronti dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti, non deve essere necessariamente periodica, ma può anche essere adempiuta, in sostituzione o in concorso con essa, anche con l’attribuzione in proprietà di beni mobili o immobili.
(Altalex, 11 ottobre 2013. Nota di Giuseppina Vassallo)