Il rifiuto di sottoscrivere il modulo di consenso informato all’accertamento del tasso alcolemico mediante prelievo ematico in ambito ospedaliero costituisce comportamento del tutto analogo al rifiuto all’alcoltest.
E’ quanto emerge dalla sentenza della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione del 27 febbraio 2017, n. 9391.
L’accertamento presso la struttura sanitaria prevede sempre un sub-procedimento amministrativo nell’ambito del quale si colloca il consenso informato, senza il quale non si può ulteriormente procedere con gli accertamenti previsti dall’art. 186, comma 5, cod. strad., con la conseguenza che l’interruzione del procedimento assume inevitabile rilevanza penale come rifiuto di sottoporsi ad accertamento alcolemico, secondo quanto previsto dall’art. 186, comma 7, cod. strad. (Cass. pen., Sez. IV, 3 aprile 2013, n. 45919).
Secondo gli ermellini, quindi, la condotta dell’imputato equivale a rifiuto di accertamento del tasso alcolemico, essendo evidente che attraverso la mancata sottoscrizione del consenso informato, presupposto necessario per consentire agli operatori sanitari di effettuare i prelievi finalizzati alle analisi legittimamente richieste dalla polizia giudiziaria, l’imputato ha deliberatamente impedito l’accertamento etilometrico sulla sua persona, in tal modo opponendo rifiuto.
La Corte ha, altresì, puntualizzato che, come confermato da recente giurisprudenza di legittimità, la circostanza aggravante dell’aver commesso un incidente stradale non è configurabile rispetto al reato di rifiuto di sottoporsi all’accertamento per la verifica dello stato di ebbrezza, stante la diversità ontologica di tale fattispecie incriminatrice rispetto a quella di guida in stato di ebbrezza (Cass. pen., Sez. Un., 29 ottobre 2015, n. 46625).